Chiamata di un nuovo discepolo

Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero. (Matteo 11:28-30)

Gesù incontra Levi, seduto al banco delle imposte. Tutto assorto dal suo lavoro amministrativo, questo esattore delle tasse per conto dei Romani, sprezzato dai suoi concittadini, riceve la chiamata del Maestro.

E, passando, vide Levi, figlio d’Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». (Marco 2:14)

follow-me_wide_t_nvFarà delle obiezioni? Non è forse funzionario al servizio dei Romani? Poco importa, la voce imperativa di Gesù ha la priorità su ogni possibile considerazione: “Egli si alzò e lo segui” (Marco 2:14)

Nessuna particolare formazione culturale gli è richiesta, e tutti gli strati della popolazione possono essere rappresentati dai dodici discepoli del Signore Gesù. Fra tutti costoro, forse Levi, chiamato più tardi Matteo, era il più istruito. Egli ha scritto il primo libro del Nuovo Testamento.

L’esattore delle imposte darà poi spontaneamente prova di generosità, non temendo di riempire la sua casa con una folla di gente di ogni ceto, non tutta veramente raccomandabile.

Ma ha appena ricevuto la grazia di cui Gesù è il pastore, per questo desidera che molti altri uomini possono approfittarne. Questo eterogeneo insieme di convitati non è molto gradito dagli scribi e dai farisei che interrogano i discepoli senza osare ancora fare un rimprovero diretto al loro Maestro.

Ma Gesù risponde loro direttamente, lasciando i suoi contraddittori senza argomenti. La presunte propria giustizia di questi ultimi li pone al di fuori della salvezza di cui il Signore Gesù è portatore.

Ahimè, non avviene forse spesso così tra gli uomini? Accettare la salvezza implica riconoscersi perduti, senza altra risorsa che la grazia di Dio.

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