Tutto quello che il Padre mi dà verrà a me; e colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché io sono disceso dal cielo, non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. (Giovanni 6:37-38)
Immaginiamo un bambino in piedi su un muretto, e suo padre che gli tende le braccia. Senza esitare, il bambino salta e si getta felice al collo di papà. Era certo che lo avrebbe preso, ma non poteva provarlo con un ragionamento logico; doveva “fare il salto”, non nel vuoto ma nelle braccia di chi lo ama.
Allo stesso modo il “si” incondizionato della fede ci porta a “fare il salto”. Per trovare la verità, dobbiamo abbandonare i nostri pensieri che vorrebbero sempre dimostrare tutto. Finché cerchiamo di verificare col ragionamento tutto che la fede cristiana afferma, prima di abbracciarla, non diremo mai quel “si”.
Se pretendessimo di capire tutto, non otterremo nulla, perché il mistero di Dio è troppo grande e troppo profondo, non possiamo verificarlo.
Se dichiariamo di credere in Gesù Cristo, appoggiandoci solo su ciò che ci fa comodo, non abbiamo veramente la fede, perché non accettiamo Gesù così com’è, ma piuttosto come ce lo siamo costruito perché ci “soddisfi”. Così facendo non ci appoggiamo su di lui e sulle sue promesse, ma continuiamo a fare affidamento su noi stessi.
Ciò che convince il credente non è un ragionamento logico, ma la certezza che Gesù Cristo è il solo mezzo di salvezza che Dio offre all’uomo. Riconoscendo che è Dio che ci parla, il nostro giudizio personale diventa molto fragile di fronte alle sue parole di verità e di amore.
Come quel bambino, dobbiamo rispondere all’invito pressante del Signore e confidare nelle sue promesse.
Molto tempo fa l’Eterno mi è apparso, dicendo: «Sì, ti ho amata di un amore eterno; per questo ti ho attirata con benevolenza. (Geremia 31:3)