Neppure io ti condanno

Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. (Giovanni 3:18)

Gli scribi e i farisei condussero a Gesù una donna adultera. Il peccato di questa donna non pone loro alcun problema, ma essi sono convinti di avere finalmente un’occasione per mettere Gesù in difficoltà.

cielo14“Nella legge” – essi dicono – “Mosè ci ha comandato di lapidare tali donne; tu che ne dici?” (Giovanni 8:5).  L’insidia è sottile. Il Signore Gesù è posto qui nell’alternativa di scegliere tra la legge che Egli rispetta e la grazia di cui era portatore.

Sulle prime non risponde nulla, questo silenzio esaspera gli uomini che lo attorniano e che assaporano già il loro trionfo. Ma Gesù getta loro una freccia che raggiunge le loro coscienze: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. (Giovanni 8:7).

Gli accusatori, confusi, si ritirano. La donna rimane sola con Gesù, Senza dubbio alleviata, dopo aver visto sparire coloro che la condannavano, è ora forse un po’ preoccupata davanti a colui che, essendo senza peccato, è il solo uomo ad avere diritto di condannarla. Ma ode queste parole che solamente il Figlio di Dio può pronunciare: “Neppure io ti condanno; va’, e non peccare più”. (Giovanni 8:11)

E’ forse permesso peccare “affinché la grazia abbondi? No di certo!” esclamerà Paolo indignato da un tale pensiero.

Che diremo dunque? Rimarremo forse nel peccato affinché la grazia abbondi? No di certo! Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso? (Romani 6:1-2)

Dapprima il perdono, poi l’esigenza di una condotta santa; è in quest’ordine che il Signore Gesù si occupa di noi.

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