Non darmi né povertà né ricchezze

Io ti ho chiesto due cose; non negarmele prima che io muoia: allontana da me falsità e menzogna; non darmi né povertà né ricchezza, cibami del pane che mi è necessario, perché, una volta sazio, non ti rinneghi e dica: «Chi è l’Eterno?», oppure, divenuto povero, non rubi e profani il nome del mio DIO. (Proverbi 30:7-9)

Troviamo queste parole di Agur nel capitolo 30 del libro dei Proverbi. Quest’uomo dice di se stesso di essere stupido e di non aver intelligenza. E’ umile, senza pretese e chiede a Dio di preservarlo sia dalla povertà che dalla ricchezza.

Il motivo della sua prima richiesta non è il proprio benessere; Agur sa che la miseria potrebbe trascinarlo a concupire o anche a rubare i beni degli altri e desidera essere preservato da questo peccato davanti a Dio.

Ma perché non volere la ricchezza? Potrebbe anche essere una benedizione divina!

Agur vede con lungimiranza e chiarezza. Sa che in una situazione d’abbondanza, corriamo presto il rischio d’aver il sentimento che tutto ci appartiene, che tutto ci è dovuto e che, grazie alla nostra intelligenza, abbiamo ottenuto ciò che possediamo.

Il saggio Agur ha paura di arrivare al punto di dimenticare Dio, di non farlo più entrare nella sua vita.

Alla saggezza di Agur si collega l’esortazione dell’apostolo Paolo.

Ordina ai ricchi di questo mondo di non essere orgogliosi, di non riporre la loro speranza nell’incertezza delle ricchezze, ma nel Dio vivente, il quale ci offre abbondantemente ogni cosa per goderne, di fare del bene, di essere ricchi in buone opere, di essere generosi e di essere pronti a dare, mettendo in serbo per se stessi un buon fondamento per l’avvenire, per afferrare la vita eterna. (1 Timoteo 6:17)

Chiediamo a Dio tale saggezza e sobrietà, e pensiamo al nostro modello, Gesù Cristo.

Voi conoscete infatti la grazia del Signor nostro Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. (2 Corinzi 8:9)

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