O Dio, tu sei il mio Dio, io ti cerco dall’alba; di te è assetata l’anima mia, a te anela il mio corpo languente in arida terra, senz’acqua. (Salmi 63:1)
L’anima avverte il desiderio di cercare Dio solamente quando i piacere e le gioie terrene sono meno forti e vengono relegate al loro giusto posto. La donna di Samaria disse giustamente a Gesù di avere percorso tutto quel cammino per attingere l’acqua, perché non c’era alternativa. Non appena Egli appagò la sua sete interiore, facendo scaturire in lei una fonte d’acqua viva, allora ella “lasciò la sua secchia”.
La maggior parte di noi è così occupata dal lavoro, dalle ansietà di questa vita, che sfugge questa realtà. Per soddisfare l’anima basta poco, ma allo stesso tempo occorre molto. Sicuramente molto poco di questo mondo. Come il Signore disse a Marta, soltanto di una cosa c’è bisogno. Eppure molto, poiché soltanto Dio è sufficiente e non possiamo chiedere di più.
Essere assetati dell’acqua della vita significa che desideriamo bere a quella fonte. Perciò il Signore dice: “Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati” (Matteo 5:6).
Chiediamoci se possiamo dire di Dio: “Tu sei il mio Dio”? Egli è nostro, ma dobbiamo cercarlo. Dobbiamo dunque edificare le recinzioni della nostra fede, delimitando una proprietà privata sempre più estesa, apparentemente a Dio che è nostro Padre e la nostra parte in eterno.
S.D.C.