Prima la fede, poi le opere

Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio, non per opere, perché nessuno si glori. Noi infatti siamo opera sua, creati in Cristo Gesù per le buone opere che Dio ha precedentemente preparato, perché le compiamo. (Efesini 2:8-10)

Lefèvre d’Etaple, erudito in lingue antiche che curò la prima traduzione della Bibbia in francese verso l’anno 1523, conosceva il Signore Gesù come suo personale Salvatore. Le sue prime predicazioni produssero una grande emozione fra gli studenti. Egli predicava la salvezza per la fede in Gesù Cristo e proclamava che la Sua opera era pienamente sufficiente per soddisfare la giustizia di Dio.

I suoi contraddittori gli rimproveravano di non tenere conto degli insegnamenti dell’epistola di Giacomo che ricordano l’importanza delle opere. Egli faceva loro osservare che queste ultime sono il segno necessario della fede, esattamente come la respirazione è un segno della vita; l’uomo respira perché è vivente e non viceversa.

Ma qualcuno dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere»; mostrami la tua fede senza le tue opere e io ti mostrerò la mia fede con le mie opere. (Giacomo 2:18)

Uno specchio non ha in sé alcuna sorgente luminosa. Non fa altro che riflettere i raggi che riceve. Quando eravamo bambini ci siamo tutti divertiti a rischiarare un punto buio di una camera con uno specchio opportunamente orientato per raccogliere i raggi del sole.

Questa è la funzione che ha il credente nel mondo in cui Dio l’ha posto. Dobbiamo essere come degli specchi nei quali tutti coloro che ci osservano potranno riconoscere qualche cosa di Gesù, cioè pazienza, devozione, dolcezza, amore.

Il credente non è in se una sorgente di luce, ma, orientato verso quella sorgente che è Gesù Cristo, può rifletterne alcuni raggi nell’ambiente tenebroso che ci circonda.

Or imparino anche i nostri a dedicarsi a buone opere per i bisogni urgenti, affinché non siano senza frutto. (Tito 3:14)

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