Realtà di fede

A che giova, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? (Giacomo 2:14)

Non possiamo accontentarci di un’adesione del nostro intelletto agli insegnamenti dell’Evangelo senza che questi producono un radicale cambiamento nel nostro modo di vivere. L’apostolo Giacomo ammonisce: “Così è della fede, se non ha opere, è per se stessa morte” (2:17)

Paolo è sulla stessa linea di pensiero. Dopo aver affermato “è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede … Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti”, subito aggiunge che noi credenti siamo stati “creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo” (Efesini 2:8-10).

Il campo in cui dobbiamo dimostrare la realtà della nostra fede è molto vasto: in famiglia, fra gli altri credenti, a scuola, sul lavoro, nei contatti con chiunque ha che fare con noi.

Alle volte, purtroppo, facciamo come il sacerdote e il levita della parabola del buon Samaritano: scorgendo sul ciglio della strada un uomo percosso, ferito, “mezzo morto”, passiamo “oltre dal lato opposto”, anziché scendere dalla nostra “cavalcatura”, avvicinarci, inginocchiarci per fasciare “le sue piaghe”, versavi sopra “olio e vino” (Luca 10:30-34). Eppure il Signore ci esorta dicendo: “Va, e fa anche tu la stessa cosa” (v.37), cioè come aveva fatto il Samaritano.

Nella Lettera ai Galati, Paolo esortava i fratelli scrivendo: “Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo” (6:2)

Questa legge, dice Giacomo, è la legge della libertà (1:25). La vera libertà, infatti, è essere liberi di fare il bene secondo la volontà del Signore, conosciuta, rispettata e amata!

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