E’ perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che grida: «Abbà, Padre». (Galati 4:6)
Il termine “Padre” fa appello all’intima comunione tra Dio e i redenti. Non si tratta di un legame freddo e opportunistico, ma di una relazione nella quale i sentimenti e l’affetto entrano in campo sin dall’inizio. Il credente sa di parlare a Chi lo ha generato, ricordando così l’amore manifestato verso i figli, la protezione e la cura che il Padre perfetto può avere per i Suoi.
C’è fiducia da parte del figlio nel chiedere, perché non è un estraneo ad ascoltare, né qualcuno con interessi egoistici ma Uno che ama senza riserve, che ha dato tutto come prova di tale amore. Queste sono credenziali sufficienti per meritare fiducia.
Non è soltanto Dio in quanto Sovrano dell’Universo, ma il Padre amorevole, saggio ed attento alle vicende umane. Fin dall’antichità Dio s’è rivelato quale Padre amoroso: “Tu, SIGNORE, sei nostro padre,
il tuo nome, in ogni tempo, è Redentore nostro” (Isaia 63:16).
La dichiarazione di far parte della famiglia di Dio è resa non con presunzione ma per iniziativa dello Spirito di Cristo. Il senso di parentela del Nuovo Testamento, che rende legittima l’invocazione “Padre” da parte dei redenti, non è figurato ma reale e concreto: Egli è divenuto pienamente nostro Padre, avendoci adottati “legalmente” mediante il sacrificio di Cristo Gesù.



