Non regni quindi il peccato nel vostro corpo mortale, per ubbidirgli nelle sue concupiscenze. Non prestate le vostre membra al peccato come strumenti d’iniquità, ma presentate voi stessi a Dio, come dei morti fatti viventi, e le vostre membra a Dio come strumenti di giustizia. Infatti il peccato non avrà più potere su di voi, poiché non siete sotto la legge, ma sotto la grazia. (Romani 6:12-14)
Dio ci ha identificati con Cristo nella sua morte e nella sua risurrezione. Poiché sono “morto” con Cristo, il peccato ha perso ogni diritto di dominare su di me, ma non è distrutto. Abita sempre in me. Non sono più come un tempo, incapace di resistergli, ma non devo permettere che riprenda autorità su di me. Non ne ha più il diritto.
Il mio corpo fisico è sottomesso alle conseguenze del peccato; è un corpo mortale. Ma possiede anche un nuova natura che viene da Dio e che, come tale, non può peccare.
Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché il seme di Dio dimora in lui e non può peccare perché è nato da Dio. (1 Giovanni 3:9)
Sono in relazione vivente con Dio. Le facoltà del corpo, dell’anima e dello spirito possono servire sia per il bene, sia per il male. Ma ora, liberato dal peccato, le lascerò al servizio del male? Certamente no!
La vita della vera libertà è tracciata davanti a noi: “Presentate voi stessi a Dio”. Occorre che la nuova relazione con Dio sia riconosciuta pienamente. E’ la vita “da in mezzo ai morti”, la vita di quelli che Dio ha fatto uscire dalla morte con Cristo. In questa nuova condizione non sono più sotto la legge mosaica, ma sotto la grazia.
Quella legge comanda senza dare il mezzo per osservarla. La grazia dà e mantiene una relazione vivente con Cristo, centro degli affetti e sorgente di ogni forza per ubbidire a Dio.
La vita nuova non può essere separata da chi la dà: la vita eterna è in Cristo Gesù.
Separati da lui non possiamo fare nulla.
