In Deuteronomio 14:4 è scritto riguarda agli Ebrei del tempo di Mosè: “Voi siete figli per il Signore vostro Dio”.
L’appartenenza del popolo d’Israele a Dio non era solo una questione di elezione o di scelta; c’era un legame profondo, molto stretto, come quello che unisce un padre al proprio figlio; ma questo legame era condizionato all’ubbidienza.
Anche oggi noi credenti siamo legati a Dio da un rapporto di figliolanza: siamo stati fatti “partecipi della natura divina” (2 Pietro 1:4), siamo “nati da Dio” (Giovanni 1:13), siamo “figli di Dio per la fede in Cristo Gesù” (Galati 3:26).
E’ un rapporto benedetto che implica grandissimi privilegi e che, ovviamente, comporta anche delle responsabilità. Prima di tutte la “santificazione” personale e la “consacrazione”, vale a dire il separarsi dal mondo e darsi a Dio per servirlo, poiché è giusto che Egli possa, attraverso i suoi figli, portare a compimento la sua opera e i suoi progetti per la salvezza di molti.
Come figli ubbidiente, non conformatevi alle passioni del tempo passato, quando eravate nell’ignoranza; ma come Colui che vi ha chiamati siate santi in tutto la vostra condotta. (1 Pietro 1:14-15)
Israele non doveva, per nessuna ragione, imitare le usanze abominevoli del popoli pagani, perché era un popolo “santo”, separato per Dio. A loro Dio diceva: “Santificatevi, dunque, e siate santi, perché io sono santo” (Levitico 20:26).
E a noi, che crediamo al Signore Gesù, sono ripetute le stesse parole: “Siate santi, perché io sono santo” (1 Pietro 1:16)



